Non profit
Marco Beci: gli amici creano unassociazione. La sua missione continua
E anche al ministero degli esteri, che laveva mandato in Iraq, cè chi è pronto a seguire i suoi passi: 400 dipendenti e 500 cooperanti.
Chi raccoglierà l?eredità di Marco Beci, uno dei due civili morti nell?attentato di Nassiriya? La risposta è duplice, perché due erano le missioni che il 43enne di Pergola, in provincia di Pesaro, conduceva in Iraq. La prima, pubblica, affidatagli dal ministero degli Esteri, direzione generale per la Cooperazione allo sviluppo: “Marco era uno dei nostri esperti. Un professionista, esterno al ministero, cui avevamo chiesto di valutare la fattibilità di un intervento umanitario in Iraq”, spiega Arturo Arcano, della segreteria della Cooperazione, “avrebbe presentato un suo rapporto, come aveva già fatto in altre zone calde del mondo, gli esperti interni del ministero l?avrebbero valutato e, in base alle sue indicazioni, sarebbe stato finanziato un progetto. L?idea era di istituire un fondo speciale con sede a Kuwait City tramite cui finanziare le operazioni suggerite da Beci”.
La seconda missione di Marco, invece, era personale: portare in Italia due bambini cardiopatici che aveva incontrato a Nassiriya. “Per curarli, come già aveva fatto con Aladin, un bambino bosniaco che aveva perso una gamba in seguito all?esplosione di una mina”, hanno dichiarato al Corriere Adriatico gli amici di Beci. Pronti a portare avanti questa missione attraverso l?associazione Marco Beci che hanno deciso di fondare insieme ai familiari della vittima di Nassiriya. “Un?associazione umanitaria che porti a compimento il progetto di Marco, anche grazie al lavoro di un suo collega scampato agli attentati che cercherà di rintracciare i due bimbi”, spiega il Corriere Adriatico. E gli amici hanno aperto un conto corrente presso la Banca di Credito cooperativo di Pergola per raccogliere i contributi di chi vorrà contribuire all?associazione.
E alla Farnesina, chi proseguirà l?azione di Beci? Le forze, alla direzione degli Esteri incaricata dell?aiuto allo sviluppo, non mancano: oltre a cooperanti esterni come Marco, può contare su 60 esperti interni al ministero e su uno staff di 400 persone, dai funzionari ai contabili, suddivisi in 13 diversi uffici. Da quello dedicato agli interventi di emergenza a quello del bilancio, a quello dedicato ai rapporti con le organizzazioni non governative diretto da Alberto Colella. “Venticinque persone in tutto”, spiega Colella, “che si occupano di valutare, approvare e finanziare i progetti di cooperazione proposti dalle 160 organizzazioni non governative riconosciute dal ministero”.
Progetti che arrivano al ministero al ritmo di 150 proposte di intervento l?anno ma che, purtroppo, vengono finanziati solo in parte. “Nel 2002, siamo riusciti a finanziare 90 progetti. E quest?anno anche meno”, ammette il responsabile dell?ufficio dedicato alle ong. “L?Italia destina all?aiuto allo sviluppo una minima percentuale del Pil. Nel 2001, si parlava dello 0,15%. Una cifra di gran lunga inferiore alla media europea, pari allo 0,22%, e destinata a diminuire”. I 400 dipendenti della Cooperazione internazionale non sono gli unici intenzionati a raccogliere l?eredità e l?esempio di Beci. Ci sono anche i volontari e i cooperanti attualmente impegnati in progetti cofinanziati dal ministero: “500 professionisti”, spiega Colella.
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.